domenica 17 giugno 2012

Lo Swing ed il Jazz italiani negli anni '20-'40. Tra popolarità e divieti. In Italia negli anni '20 si affermano due "strani" fenomeni, il fascismo ed il jazz. Due fenomeni completamente diversi, (coercitivo il primo, libero il secondo) che in comune hanno solo la nascita della radio e il suo utilizzo. Ma la cosa più strana è che nonostante il disprezzo e l'avversione del fascismo nei confronti del jazz, musica considerata "degenerata", e soprattutto durante il periodo di maggiore censura artistica e musicale, il jazz italiano vive il suo periodo di massismo splendore e popolarità. Piccola storia ( da http://jazzfromitaly.splinder.com ) Il 23 marzo 1919 Benito Mussolini diede luogo alla nascita del Movimento Fascista,con il nome di Fasci di Combattimento (sic!). Nel 1917 assistiamo alla nascita della discografia jazz con l’incisione a New York dellaOriginal Dixieland Jazz Band - diretta dall’italoamericano Nick La Rocca -, e già nel 1919 troviamo in Italia documenti discografici di incisioni jazz. Tra il 1922 e il 1925, Mussolini svolge un sistematico processo di fascistizzazione dello Stato,delle sue strutture e del suo ordinamento, gettando le basi della dittatura. Nell’agosto del 1924, nasce l’URI Unione Radiofonica Italiana per volontà di una figura di rilievo nel ventennio fascista, Galeazzo Ciano. Il regime e la sua propaganda, punta molto sull’uso della radio, unico elemento di erogazione dell’informazione e della cultura, gratuito. EIAR Il 1° Febbraio 1926, la stazione di Milano in diretta radiofonica, trasmette il primo programma musicale della Jazz Band del Maestro Stefano Ferruzzi. Un’ora dopo, dall’antenna della radio sul Monte Parioli di Roma si diffonde la musica dell’Orchestra jazz del maestro Amedeo Escobar. E ancora l’orchestra Jazz Columbia del Maestro De Risi o la Mediolana Jazz Band nata sempre nel ’26 per iniziativa di un appassionato, Mario Mantovani. Nel 1928 l’URI diventa EIAR (Ente Italiano Audizioni Radiofoniche) con più stretto controllo pubblico, e nel 1929 nasce il primo film-sonoro, “Il cantante di Jazz” con Al Jolson. Negli anni ‘30, inoltre, si creano delle orchestre radiofoniche che inglobano strumenti della tradizione europea e “nuovi” fiati di provenienza americana, come quelledi Vaccari, Mascheroni, Pippo Barzizza o di Cinico Angelini. Insomma, jazz in radio ce n’era, ma si passava tutta musica dal vivo. Questo ostacolava la vendita del disco, quindi su pressioni dei grandi imprenditori, si è scelto di incorporare l’industria discografica in quella radiofonica. All’interno della radio italiana, sotto la presidenza di Giancarlo Vallari, nasce la prima etichetta discografica pubblica, la CETRA. Tra le orchestre che usufruiranno del binomio produzione discografica/radiofonica, è quella Barzizza-Cetra che dimostra il più alto profilo jazzistico. Ovviamente il riferimento musicale è al Duca del Jazz ma, a differenza di Duke Ellington, Barzizza non concede molti assolo ai suoi orchestrali, prediligendo un suono d’insieme. Di notevole interesse è l’interpretazione dello stile Jungle, grazie all’apporto di sordine sugli ottoni e l’utilizzo dei suoni onomatopeici, sia nei titoli che nel cantato, in puro stile scat italiano. Ricordiamo Ba-ba-baciami piccina, il frivolo Tuli-tuli-tulipan,e il “motivetto” che fa dudu dudu dudududu dudu. http://www.youtube.com/watch?v=Uco-tTwzvx8 A metà degli anni ’30, seguendo una corrente di apprezzamento della musica jazz in tutta Europa, anche in Italia si assiste ad un fiorire di interessi e di ricerche.Per la prima volta Louis Armstrong suona in Italia, al Teatro Chiarella di Torino il 14 gennaio 1935. E, nella stessa città, nasce il primo “circolo Hot Club”. L’anno dopo nasce il “circolo Jazz Hot” a Milano e i pionieri e gli appassionati, nonostante fossero una piccola élite, si riuniscono per ascoltare i dischi, per commentare, per scambiarsi informazioni. Tra questi vanno ricordati Roberto Nicolosi e Luigi Arduino a Genova, Mario Olivieri, Jack Cappelli, Paolo Moresco e Franca Danesi a Roma, Livio Cerri a Pavia, Ezio Levi e Giancarlo Testoni a Milano. I dischi jazz in Italia venivano pubblicati già dal 1920, su labels come la Odeon (Swing Series), la Columbia e la Brunswick (americane), la Pathé (francese) la Parlophon (anglo-tedesca, rappresentata in Italia dalla Cetra). Il culmine della produzione discografica del jazz italiano di quegli anni si avrà dal 1937 al ’41, con le etichette Grammofono-La Voce del Padrone, Odeon (serie dei “Maestri del Ritmo”) e, su tutte la FONIT Fonidisco italiano dei F.lli Trevisan, che nel dopoguerra si fonde con la Cetra. Curiosamente,proprio negli anni di inasprimento della politica estera fascista e del varo delle leggi razziali, nel 1938. E sì, perché nell’ottica di un protezionismo esasperato dell’economia nazionale, anche la produzione culturale deve essere allineata ai parametri del regime. Nel Luglio 1938 il Giornale D’Italia pubblica “Il Manifesto degli Scienziati Razzisti”, nell’ottobre una dichiarazione del Gran Consiglio fascista vieta i matrimoni di italiani con uomini e donne di razze non ariane. Il Ministero per la Stampa si trasforma in Ministero della Cultura Popolare (Minculpop) ed assume il controllo totale degli organi di stampa, dell’Istituto Luce e della SIAE. Vengono censurati i film internazionali di produzioni “giudaico-americane”, come la Paramaunt, la Warner Bros e la Metro e, attraverso pressioni ed emendamenti si cerca di salvaguardare la “dura e fiera” canzone fascista da “tutta la paccottiglia straniera” che non si può più trasmettere in Radio. Quindi la musica jazz, di provenienza afro-americana, viene messa “sotto controllo”. Una parte della critica, sottomessa ai voleri del regime, elabora teorie e proclami e si spende per denigrare il valore della musica jazz, o “gez” come venne più volte chiamata. Il libro più asservito fu “Jazz Band” di Anton Giulio Bragaglia[5], che fruttò in cambio all’autore la direzione del nuovo Teatro delle Arti di Roma. Ma anche sulle pagine dei quotidiani e nei discorsi alla radio i detrattori continuaronola loro “cieca” battaglia: “… il Commissario dell’Opera Nazionale Dopolavoro ha proibito in via assoluta le ultime danze d’importazione straniera e ha disposto seri provvedimenti per la riforma delle Orchestrine escludendo da esse la Jazz-Band che è, occorre riconoscerlo onestamente, l’abbrutimento della musica…” [da “L’Amico dei Musicisti”] “… il jazz è fenomeno di barbarie, oppio e cocaina…” il compositore Pietro Mascagni in un discorso alla radio Già sul finire degli anni ’30, i musicisti nostrani subivano sempre più pressioni e censure, in merito alla programmazione da loro suonata nelle radio. musica-degenerata Ricorda Gorni Kramer: “… era una continua lotta con i dirigenti. Ogni giorno dovevamo presentare la scaletta delle nostre esecuzioni ad una commissione di censura. Non dovevano esserci canzoni straniere, non autori ebrei, vietatissimi il jazz. Noi prendevamo i classici del jazz e li trasformavamo: titoli italiani, italianizzati i nomi degli autori o inventati. Per un po’ è andata bene, poi qualcuno ha cominciato a far girare la voce, e così richiami negli uffici della censura, romanzine dapprima, poi minacce e anche allontanamento dalla radio…” Nonostante tutto, si riusciva a suonare e a incidere il Jazz internazionale, Louis Armstrong divenne Luigi Braccioforte, Benny Goodman – Beniamino Buonuomo e, c’era sempre Del Duca. I classici si chiamavano Con Stile – In the Mood, Le tristezze di San Luigi – St. Louis Blues, Manna dal cielo – Pennies from Heaven e così via, come descritto altre volte. Nel 1940, con l’ingresso degli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale, il regime aumenta il controllo e la censura sul materiale discografico. Nel 1942 si emette il decreto la “Disciplina per la diffusione del disco fonografico” e si vieta ogni traccia di cultura “giudaica”. Il Jazz diventa fuorilegge, insomma. Vengono fatti sparire i 78 giri e le matrici dai magazzini della radio, e distrutti quelli nei depositi della Cetra, Parlophon e Voce del Padrone. Avvengono sequestri e azioni punitive da parte della polizia fascista, con arresti e distruzione degli strumenti e sequestro dei dischi e degli spartiti. Un altro autore che fu messo sotto sorveglianza per il suo lavoro fu Mario Panzeri, In collaborazione con Kramer nasce “Maramao perché sei morto” (1939), composta dopo la morte del gerarca Costanzo Ciano: il titolo del brano fu scritto da alcuni studenti sul piedistallo del monumento che il governo aveva deciso di costruirgli a Livorno. http://www.youtube.com/watch?v=v9P1y9z5Kao Nel 1940 scrisse “Pippo non lo sa”: nel protagonista, si riconosce (o si vuole riconoscere) Achille Starace, segretario del Partito Nazionale Fascista, che amava passeggiare impettito in divisa. http://www.youtube.com/watch?v=8tTIJS2hpRE Anche tra i cantanti, quelli che scelgono di interpretare il repertorio della canzone americana, vengono mal visti dai tirapiedi del regime. D’esempio è la storia di Natalino Otto (Codognotto il suo vero cognome) che anche questa merita un post a parte. Qui diremmo solo che la sua fù la prima voce di chiara derivazione jazz, dovuto anche al fatto dei suoi frequenti viaggi sulle navi della tratta Genova – New York. L’avversione nei suoi confronti culmina in una contestazione dei fasci durante una serata con Kramer ed il Quartetto Cetra a Bergamo. Otto, allontanato dal lavoro in radio, esprime il suo dissenso con l’ironia che lo contraddistingue, in una canzone scritta da Romero Alvaro, unica nel suo genere, dove giocando sul doppio senso Amore e Musica, i due autori alludono alle censure del fascismo a carico del Jazz. http://www.youtube.com/watch?v=2DYFgCXmDyc
http://www.youtube.com/watch?v=2DYFgCXmDyc












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